I dispositivi wireless sono sempre più presenti nella nostra vita quotidiana ed un numero crescente di produttori, adatta o riprogetta dispositivi che migrano verso la connessione senza fili. Questi prodotti includono tipicamente dispositivi mobili, domestici, industriali, scientifici e medici (ISM acronimo di “Industrial, Scientific and Medical”). Ma questa transizione in pieno svolgimento, grazie anche alla evoluzione della domotica domestica ed industriale, oltre che definire nuovi problemi di protocollo di comunicazione, porta in sé i problemi che in campo ingegneristico riguardano l’interferenza elettromagnetica (EMI acronimo di “Electromagnetic interference”), chiamato anche disturbi a radiofrequenza (RFI acronimo di “Radiofrequency interference”).
Per fare un esempio concreto, tali interferenze possono causare problemi ai dispositivi sensibili interni agli smartphone, come essi stessi possono farlo verso altri dispositivi, una sorta di auto interferenza.
La maggior parte degli attuali prodotti digitali moderni, crea una grande quantità di "rumore" armonico RFI, o EMI. Questo rumore è causato generalmente dal clock interno dei bus dati ad alta velocità, sempre più elevata, piuttosto che dagli alimentatori switching e dai convertitori DC DC, questi ultimi quasi sempre implementati direttamente sulla scheda PCB del dispositivo. Tutte queste fonti di rumore, possono creare facilmente interferenze a frequenze dai 700MHz e oltre, arrivando alle bande di funzionamento degli attuali smartphone. La conseguenza è la riduzione della sensibilità del ricevitore (“desense”). Sempre rimanendo nell’esempio degli smartphone, per poter essere immesso sul mercato, un dispositivo del genere deve superare severi test di conformità, e spesso, proprio l’effetto del “desense”, può portare a ritardare l’uscita sul mercato del device per settimane o mesi.
L’effetto “desense” rappresenta il degrado della sensibilità di un ricevitore, dovuto alle sorgenti di rumore, tipicamente generate o dallo stesso dispositivo in cui si trova la radio, o da fonti esterne che inducono sul dispositivo, o da entrambe le cause. I produttori di smartphone ma anche quelli di tutti i sistemi wireless, richiedono un determinato valore di sensibilità del ricevitore, tipicamente espresso in dBm e chiamato “sensibilità isotropa totale” (abbreviato in TIS cioè “Total Isotropic Sensitivity”). Questo parametro, come il Total Radiated Power (TRP), dipende dall'antenna e dal ricevitore (o radio) che compongono il collegamento wireless. Per definire il TIS, cercherò di farvi comprendere cosa è la sensibilità del ricevitore. Un esempio più avanti chiarirà questo aspetto.
SENSIBILITA’ DI UN RICEVITORE
La sensibilità di un ricevitore è la più piccola quantità di energia che può essere immessa nel ricevitore, in modo che esso possa comunque mantenere una comunicazione affidabile. Come esempio, supponiamo che la soglia di “Bit-Error Rate” (BER) sia del 2,0%. Ciò significa che i dati possono essere trasmessi in modo affidabile fino a quando il BER è inferiore al 2%. Per determinare questa sensibilità, un segnale di dati noto viene immesso nel ricevitore e il BER viene registrato. Il primo segnale dati ha tipicamente una potenza elevata, per assicurare che il BER sia inferiore alla soglia definita. La potenza del segnale dati viene gradualmente ridotta fino a quando il BER raggiunge la soglia.
Tanto per fissare le idee, supponiamo che la potenza iniziale immessa nel ricevitore di un dispositivo, sia di -60 dBm (dBm = decibel rispetto ad un milliWatt) e che il BER risultante sia ad esempio dello 0,001%. Supponiamo di prendere sempre per avere una comunicazione affidabile, la soglia del BER al 2% e che a -90dBm supponiamo che il BER registrato sia del 2%. Ad una potenza ad esempio di -90,3 dBm, supponiamo che il BER arrivi a 2,05%. Con questi valori, la caratteristica di sensibilità risultante del ricevitore verrebbe registrata a -90 dBm, perché questa è la potenza più bassa alla quale è stata misurata una comunicazione affidabile. Poiché la sensibilità è misurata attraverso i fili invece che attraverso l'aria, come verrà descritto di seguito, questo tipo di misurazione della sensibilità del ricevitore è nota come la “sensibilità condotta del ricevitore”.
SENSIBILITA’ ISOTROPA TOTALE (TIS)
La sensibilità isotropa totale, o TIS, è una misura della sensibilità media di un sistema ricevitore - antenna, quando viene calcolata come media sull’immaginaria sfera tridimensionale che rappresenta il campo di irradiazione nello spazio. Il risultato sarà fortemente correlato al diagramma di radiazione dell'antenna.
Per determinare il TIS, il sistema in prova, ricevitore – antenna (DUT acronimo di “Device Under Test”), viene posto in una camera anecoica, e l'antenna della camera trasmette al sistema in prova. La potenza viene abbassata fino a quando il BER non raggiunge la soglia prefissata.
PIATTAFORMA CARATTERIZZANTE EMI
Vediamo ora come caratterizzare questa EMI auto generata ed alla fine darò alcuni consigli che permettono, in sede progettuale, di attenuarla.
Generalmente ci sono due modi in cui le fonti di energia interferente possono accoppiarsi all’antenna di un ricevitore o di un modulo wireless e causare la perdita di sensibilità dei ricevitori. Nella figura seguente (Figura 1), è possibile vedere i due principali percorsi di accoppiamento in un ipotetico dispositivo wireless: irradiato e condotto.
Figura 1 – Percorsi di accoppiamento: irradiato e condotto
Come è possibile vedere, abbiamo quindi:
Ci sono tre tecniche di misura che si possono utilizzare per caratterizzare l'interferenza EMI:
Grazie a queste tre tecniche di caratterizzazione, è spesso possibile determinare le sorgenti elettromagnetiche interferenti che possono accoppiarsi ai ricevitori presenti nei dispositivi wireless.
Una volta che queste fonti vengono identificate e caratterizzate, la sfida si sposta nel determinare il metodo di accoppiamento di questa energia interferente al ricevitore del dispositivo, applicando tecniche di attenuazione atte a ridurre questo accoppiamento.
Molto spesso, i campi EM (elettromagnetici) sono accoppiati direttamente nella scheda, come abbiamo visto nella figura precedente, a causa di una disposizione errata dei componenti e ad una scarsa compartimentazione tra i circuiti, che favorisce invece il fluire di questa energia interferente, così come l’accoppiamento di questi campi elettromagnetici, avviene proprio dal circuito di antenna piuttosto che essere una combinazione di entrambi.
I due segnali più comuni ad alta frequenza che possono disturbare i sensibili ricevitori delle apparecchiature wireless, sono quelli rappresentati nella figura seguente (Figura 2), che mostra le tracce rilevate su un analizzatore di spettro, messo con una banda di analisi da 1 MHz a 2000 MHz.
Figura 2 – Esempio di segnali disturbanti a banda larga e stretta EMI
Questi segnali armonici sono di due tipi e vengono chiamati: a banda larga (traccia viola) e a banda stretta (traccia azzurra). In questo esempio, supponiamo di cercare le emissioni spettrali da 1 MHz a 2 GHz di un convertitore DC DC (traccia viola) e di un segnale digitale (traccia azzurra). In basso è possibile vedere la traccia di rumore (traccia gialla).
Entrambi queste sorgenti EMI possono causare potenziali interferenze nella banda dei telefoni cellulari, come è possibile vedere dal rettangolo bianco tratteggiato al di sopra del marker a 850MHz ove la traccia color azzurro ha dei picchi superiori di 40dB. Ovviamente il disegno è puramente indicativo e non rispecchia una reale misura effettuata, ma serve per rendere l’idea.
Tipicamente i segnali spuri di un DC DC converter o i segnali di un bus dati, appariranno come un segnale ampio con diversi picchi di risonanza (traccia viola), mentre i segnali di clock ad alta velocità, appaiono come una serie di picchi stretti (traccia azzurra). Se il prodotto non è progettato in maniera da essere conforme alla reiezione di questi segnali EMI, entrambi i tipi di segnale possono irradiare un segnale interferente ad alta frequenza, inducendo in maniera condotta, irradiata o entrambi, un segnale interferente nel dispositivo ed eventualmente in quelli vicini ad esso.
METODI DI MISURA
Come ho già descritto, sono stati sviluppati tre metodi di misura atta a diagnosticare l’auto interferenza nei dispositivi:
Andiamo ad analizzarli in dettaglio.
Attraverso le sonde in campo vicino, ci sono tre misure possibili per caratterizzare l'EMI a livello di scheda, in particolare:
Per le misure in campo vicino, viene generalmente adottato un anello di campo H con circa 1 cm di diametro che rappresenta il compromesso della giusta dimensione per identificare e caratterizzare le EMI a livello di scheda (vedi una tipica sonda nella Figura 3 seguente).
Figura 3 – Tipica sonda di campo H per misure di caratterizzazione EMI
Nei circuiti DC DC converter, il punto migliore per le misure, è quello di accoppiarsi all'induttore di uscita come mostrato in Figura 4. Questi induttori sono facilmente identificabili dalla loro forma relativamente grande, tonda o quadrata. La sonda deve essere tenuta piatta, come mostrato (Figura 4), per ottenere il massimo accoppiamento possibile.
Figura 4 – Esempio di misura con sonda di campo H
a) Esame generale su un'ampia gamma di frequenze
Un intervallo di misura più ampio aiuta a caratterizzare il profilo generale delle sorgenti EMI, come i convertitori DC DC, i bus dei clock di processori, memoria, Ethernet e qualsiasi altra potenziale fonte generatrice ad alta frequenza. Questa misura viene effettuata da almeno 1 MHz a 1000 MHz per coprire le bande LTE cellulari americane, e fino a 2 GHz, per tutte le altre bande cellulari e/o GPS/GNSS. Per il Wi-Fi, è necessario guardare almeno fino a 2,5 GHz o 5,4 GHz, ma queste emissioni raramente si estendono oltre i 2 GHz.
L'analizzatore di spettro va posizionato nel modo "Max Hold". Ciò è utile per costruire la misura sulla massima ampiezza spettrale.
Ad esempio, la misura del segnale disturbante Ethernet e del DC DC converter vista in Figura 2 attraverso una sonda di campo H, rivela un livello molto elevato a banda larga EMI ed a banda stretta da 1 a 2000 MHz. Il rettangolo tratteggiato bianco indica i confini approssimativi della comune Banda dei cellulari statunitensi da 700 a 900 MHz, così come la frequenza di funzionamento del GPS a 1575,42 MHz che vanno ad intaccare anche quelle del GNSS. L'EMI misurata risulta da 20 a 40 dB sopra il livello del rumore ambientale. Se questa EMI si accoppiasse all'ingresso del ricevitore di un dispositivo wireless, potrebbe causare gravi problemi di ricezione del segnale utile.
b) Esame più stretto a livello della sola banda di downlink
Una volta identificate e caratterizzate le varie sorgenti di rumore sulla scheda in esame, la seconda misura utile è quella di restringere l’analisi in termini di banda e guardare solo quella del ricevitore (downlink) utilizzando la stessa sonda di campo vicino vista in precedenza, in varie aree della scheda. Riporto ora, sempre in maniera puramente indicativa, un esempio di analisi spettrale da 1 MHz a 2000 MHz (Figura 5) atta ad identificare potenziali fonti di interferenza.
Figura 5 – Misura ipotetica per identificazione EMI
Sempre a scopo indicativo, dalla figura si nota che il rumore a banda larga rilevato, nella traccia viola, è di circa 20 dB sopra il livello del rumore ambientale. La traccia gialla è sempre la misura del rumore di fondo.
Si capisce che potrebbe essere necessario un preamplificatore esterno a banda larga con almeno 20 dB di guadagno per osservare chiaramente il rumore alle frequenze più alte. In alternativa, può essere sufficiente un analizzatore con un preamplificatore interno. Potrebbe inoltre essere necessario effettuare queste misure all'interno di una stanza schermata per escludere che altre trasmissioni possano disturbare le misure.
c) Misura dell'oscilloscopio relativamente al convertitore DC DC
Una terza misura utile prevede l’impiego della sonda ad anello di campo H che può essere utilizzata per caratterizzare le forme d'onda di commutazione dei vari convertitori DC DC nel dominio del tempo. Questo è importante per identificare il “ronzio” sulla forma d’onda del commutatore, perché questa frequenza d'anello può tradursi in un ampio picco nelle caratteristiche di emissione EMI. A volte questi ampi picchi di emissione coincidono con quelli delle bande dei cellulari. Le sonde di campo H sono veloci e sicure perché non richiedono un collegamento diretto al circuito, basta accoppiarlo all'induttore di uscita del DC DC converter come visto in Figura 4.
Per mostrare la validità di questo tipo di caratterizzazione EMI, farò ricorso alla matematica facendo riferimento alla Figura 6 seguente.
Figura 6 – Misura caratterizzazione EMI di un DC DC converter
Ci sono alcuni fattori di accoppiamento mutuo sconosciuto, M, tra la bobina di uscita del DC DC converter e la sonda di campo H. Poiché non conosciamo il fattore di accoppiamento reciproco, l'ampiezza non potrà essere confrontata con la misura effettiva fatta con una sonda ad un oscilloscopio. Tuttavia, ai fini dell'EMI sono interessati principalmente il tempo di salita, la forma d’onda generale di commutazione e la frequenza di risonanza, se presente.
Un convertitore DC-DC di solito presenta al nodo di commutazione del convertitore, un segnale ad onda quadra, VL e un induttore di uscita L, con un condensatore verso massa C. È proprio su questa bobina L che viene effettuata la misura con l’oscilloscopio (Figura 6). La corrente attraverso l'induttore è correlata a quella della tensione dalla seguente formula:
Supponendo che la sonda di campo H sia tenuta vicino all'induttore, si ottiene un accoppiamento reciproco, M (sconosciuto). L’uscita della sonda presenterà una tensione pari a:
Combinando le equazioni (1) e (2), otteniamo:
Quindi, calcolando la costante, M/L, vediamo che Vout ∝ VL, cioè vige una proporzionalità tra Vout e VL, ciò implica che possono essere misurate le caratteristiche più importanti dell’emissione EMI, senza correre il rischio di cortocircuitare i collegamenti, ciò che accadrebbe se si usassero le comuni sonde dell'oscilloscopio durante il funzionamento del circuito. Utilizzando la sonda di campo H tenuta vicino all’induttore di uscita di ogni convertitore DC DC, possiamo misurare il tempo di salita (che indica la gamma superiore delle frequenze armoniche), la larghezza di impulso ed il periodo e l’eventuale frequenza di risonanza (che può rientrare nello spettro della banda di lavoro). Nella Figura 7 riporto un esempio estremo di traccia di un oscilloscopio, della risonanza di un convertitore DC DC.
Figura 7 – Esempio di risonanza di un convertitore DC DC
Misurando la corrente di modo comune sui vostri cavi di I/O o di alimentazione, è possibile stimare il contributo del campo elettromagnetico del cavo in questione. Di seguito farò un esempio usando la sonda di corrente Fischer F-33-1 (Figura 8), ma altre sonde calibrate ed auto costruite possono essere impiegate per lo scopo.
Figura 8 – Esempio di sonda di corrente Fischer F-33-1
Mi riservo di scrivere un prossimo articolo per approfondire questo tipo di misura e la teoria che c’è dietro. La sonda F-33-1 è impiegabile in un range di frequenza da 1 MHz a 250 MHz, e nella figura seguente (Figura 9) è possibile vedere il grafico di calibrazione che identifica la sua caratteristica di funzionamento.
Figura 9 – Esempio di sonda di corrente Fischer F-33-1
La regione lineare orizzontale quasi piatta è la regione di funzionamento utile per la misura con questa sonda, poiché è possibile utilizzare un'impedenza di trasferimento costante per calcolare la corrente di modo comune nel filo o nel cavo misurato. Lo schema di misura è quello rappresentato di seguito (Figura 10).
Figura 10 – Schema di misura EMI con sonda di corrente
Per calcolare la corrente attraverso la sonda, usiamo la legge di Ohm:
Ove VOUT è la tensione misurata sulla porta di ingresso a 50 ohm dell’analizzatore di spettro e Ic è la corrente di modo comune nel filo di alimentazione o nel cavo del segnale I/O. Possiamo esprimere questa equazione in dB, ed otteniamo:
Risolvendo la formula (5) rispetto alla corrente di modo comune, otteniamo:
Un risultato molto interessante a cui possiamo pervenire, è che conoscendo la corrente di modo comune che viaggia in un filo (supponendo che la lunghezza fisica sia elettricamente più corta rispetto alla lunghezza d'onda in gioco), possiamo calcolare il campo E atteso da questo stesso filo o cavo, basandoci sulla seguente equazione:
dove Ec,max è il campo E calcolato in [V/m], Ic è la corrente di modo comune misurata in [A], f è la frequenza armonica in [Hz], L è la lunghezza del filo o del cavo in [m], e d è la distanza misurata dal filo o dal cavo in [m].
Tipicamente vengono usate misure dai 3 ai 10 m per le misure delle emissioni irradiate compatibilmente con i limiti di prova delle norme EMC commerciali previste.
Avere la capacità di calcolare approssimativamente questo campo per sapere se il valore rientra o meno rispetto alle norme, data la misura della corrente armonica di un filo o di un cavo, risulta essere un metodo molto utile quando si ha a che fare con le emissioni irradiate di un prodotto nel rispetto della compatibilità elettromagnetica prevista dalle normative. Bisogna considerare che, benché nelle misure di campo vicino tale metodo non risulti di interesse, è comunque utile complessivamente, avere contezza di quanto un dato cavo di alimentazione o di I/O possa contribuire all’annoso problema dell'accoppiamento del disturbo nei confronti di un ricevitore di un dispositivo wireless.
Per misurare le emissioni dirette di un dispositivo con o senza cavi collegati, è possibile utilizzare un'antenna a distanza ravvicinata per raccogliere le emissioni. L'antenna non ha bisogno di essere calibrata ma può essere anche a larga banda, purché venga posizionata ad una distanza sufficientemente ravvicinata da permettere di osservare le emissioni armoniche. L'antenna viene generalmente posizionata ad una distanza inferiore a 1m per osservare le emissioni EMI (Figura 11).
Le frequenze armoniche più importanti da monitorare comprendono: le bande cellulari LTE (frequenze 800 MHz, 1800 MHz, 2000MHz, 2600 MHz e, per quelle americane, da 700 a 900 MHz), la frequenza commerciale del GPS di 1575,42 MHz, e la banda WiFi ISM da 2,4 a 2,5 GHz e quella dei 5GHz.
Un'alternativa all'installazione di un'antenna sarebbe quella di utilizzare una cella TEM per caratterizzare le emissioni di una qualsiasi scheda o dispositivo.
La cella TEM (acronimo di Transverse Electro Magnetic Cells o anche Crawford TEM Cells) è essenzialmente una linea di trasmissione composta da tre piani, che presenta una impedenza caratteristica pari a 50 ohm. Essa presenta le pareti laterali chiuse al fine di evitare l'irradiazione dell'energia RF verso l'esterno, assicurando l’isolamento elettromagnetico dall'ambiente circostante (Figura 12).
La cella consiste in un tratto di linea coassiale a sezione rettangolare che viene rastremata alle due estremità per adattarla ai tradizionali connettori coassiali RF (tipicamente N). Tutta la cella e le transizioni sono progettate in modo da avere una impedenza caratteristica di 50 ohm su tutta la lunghezza, riducendo il più possibile il rapporto d'onda stazionaria (VSWR).
Una cella ben progettata, terminata sulla sua impedenza caratteristica, è in grado di produrre un campo elettromagnetico "calcolabile", che può essere utilizzato per tarare antenne elettricamente piccole o sensori RF. Quando si alimenta la linea collegando alla porta di ingresso un generatore RF, si stabilisce un campo elettromagnetico di buona uniformità tra i piatti all’interno della cella; la porta di uscita è collegata ad una terminazione adattata a 50 ohm.
Per misurare le emissioni dirette da una scheda o un dispositivo con o senza cavi attaccati, essa può essere posizionata all’interno della cella TEM (vedi Figura 13).
Come è possibile vedere dalla figura sopra riportata (Figura 13), la scheda o il dispositivo da testare, va posizionato su un piano isolante nella posizione centrale all'interno dell'area della cella TEM al fine di catturare il profilo massimo della emissione EMI. Viene impiegata una terminazione da 50Ω ad una porta della cella TEM e un blocco DC (blocco per la corrente continua) all'altra porta, per la protezione dell'oscilloscopio o dell'analizzatore di spettro. Quindi viene collegato un cavo coassiale all’uscita del blocco DC all'ingresso dell'oscilloscopio o dell'analizzatore e si regolano i limiti di banda di interesse per la misura.
A causa del design aperto della cella TEM, questo test si dovrebbe condurre in una camera schermata per escludere fonti di segnali RF di disturbo supplementare che possano inficiare la misura della EMI emessa dalla scheda o dal dispositivo sotto test. Infatti qualsiasi cavo collegato può captare i segnali ambientali provenienti da radio, televisori, ricetrasmittenti, telefoni cellulari, etc. Se non è possibile disporre di una camera schermata, si può provare a registrare un grafico della misura ambientale nella gamma di frequenza di interesse, senza il dispositivo sotto test, al fine di identificare e discriminare successivamente, i segnali generati dall'ambiente rispetto a quelli della scheda da controllare. Per alimentare la scheda o il dispositivo da testare, sarebbe meglio alimentarlo a batteria, al fine di minimizzare quanto più possibile la presenza di cavi di alimentazione e la stessa alimentazione del dispositivo, che sono sempre fonte di captazione di segnali estranei alla misura.
CONSIGLI PER LA CORRETTA PROGETTAZIONE DI UNA SCHEDA
Ogni progetto di un circuito elettronico, soprattutto quello di prodotti wireless, deve essere sviluppato tenendo in mente la compliance EMC/EMI, in quanto bisogna sempre minimizzare il rischio di disturbo verso altri dispositivi e da dispositivi esterni che possano inficiare il funzionamento del progetto stesso. Di seguito riporto una lista non esaustiva dei punti cardine da rispettare in ogni progetto elettronico ai fini della EMC/EMI, tralasciando le normative specifiche dei vari paesi:
Il layout di una scheda è fondamentale ed è lì che deve essere rivolto il vostro maggior sforzo durante la progettazione. Circuiti stampati con 7 o più strati, forniscono la massima flessibilità nel minimizzare i piani di ritorno di massa in quanto è possibile riunirli al bordo del PCB, formando una gabbia di Faraday efficace. Bisogna fare attenzione ad evitare la contaminazione da correnti di ritorno tra le varie sezioni dei circuiti, attraverso la corretta progettazione di una comune impedenza di accoppiamento, cioè la condivisione di un percorso comune del segnale di ritorno. Per questo motivo è importante partizionare le varie funzioni del circuito: digitale, analogico, conversione di potenza, RF, antenna.
È fondamentale che i piani di alimentazione e di ritorno di massa siano su strati adiacenti e distanti tra loro al massimo 3 mils o poco più. Questo fornirà il miglior disaccoppiamento ad alta frequenza. Il clock o altre piste del PCB ad alta velocità, devono essere adiacenti ai piani di ritorno di massa, e si devono evitare il più possibile i passaggi tra layer attraverso troppi “vias”, in quanto non vanno cambiati i piani di riferimento in maniera repentina. Le sezioni di alimentazione dei convertitori DC DC, devono essere ben isolate dai circuiti analogici o RF, comprese le antenne. Bisogna prendere consapevolezza durante lo sviluppo del layout generale, delle possibili aree di loop di corrente primaria e secondaria e delle loro correnti di ritorno. Queste correnti di ritorno non dovrebbero condividere gli stessi percorsi del piano di ritorno dei circuiti digitali, analogici o radio. In generale, è meglio posizionare i condensatori di ingresso e di uscita, così come l'induttore di uscita, dei DC DC converter, molto vicino al circuito integrato del convertitore DC DC stesso. Le correnti di ritorno sopra i 50 kHz sono letali in quanto possono accoppiarsi alle piste del segnale utile. Infine, cercate di localizzate tutti i componenti del convertitore sulla parte superiore o inferiore della scheda PCB. La loro collocazione su entrambi i lati può causare l'accoppiamento EMI con altri componenti.